lunedì 7 marzo 2016

La storia di Nintendo, episodio II: 1977-1985




Riprende la rubrica della storia della grande N, tra successi, esperimenti e stranezze che hanno influito sul concetto odierno di gioco molto più di quanto non si pensi.


Capitolo 5: Spianando la strada


Pubblicità giapponese di EVR Race, primo cabinato a marchio Nintendo

I recenti accordi con società videoludiche e lo spostamento della società verso la produzione di giochi elettronici portano inevitabilmente Nintendo ad affacciarsi sull'emergente mercato dei videogiochi, carico di promesse e possibilità, in particolar modo per una società che sembrava capace di tirar fuori le idee più strane e funzionanti del mercato.
Oltre al già citato Color TV Game, Nintendo in quegli anni cerca di lanciare sul mercato idee nuove e che possano dominare il mercato, non intenzionata a rischiare nuovamente il tracollo come negli anni passati. Oltre al già citato EVR Race, rudimentale gioco di corse dei cavalli (sport molto seguito e uno dei fulcri del gioco d'azzardo in Giappone) in cui i giocatori si limitavano a scommettere sulla corsa diretta dalla CPU, tra il 1975 ed il 1978 Nintendo spara alcune cartucce a salve, fino alla creazione nel 1979 di Radar Scope, uno dei primi grandi successi da sala giochi per l'azienda di Kyoto, shooter fratocugino (cit.) di Space Invaders, cavalcante l'onda di mania per lo spazio che dall'allunaggio nel '69 aveva travolto il mondo. Le previsioni di affitto e vendita dei cabinati di Nintendo sono tuttavia ben più che ottimistiche: mentre quasi ogni sala giochi in Giappone possiede un cabinato di Radar Scope, in occidente il gioco è accolto tiepidamente, lasciando Nintendo con magazzini pieni dei cabinati invenduti. Temendo perdite tali da lasciare ancora una volta la compagnia sommersa dai debiti, a Yokoi e al suo team di ricerca e sviluppo viene ordinato di creare un nuovo gioco usando l'hardware dei cabinati Radar Scope, in modo tale da limitare le perdite e fare un altro tentativo senza peggiorare la situazione. Ed è qui che tra gli sviluppatori, uno degli uomini che ha cambiato la storia del videogioco emerge: Shigeru Miyamoto. Da qualche anno parte di Nintendo, Miyamoto ha inizialmente l'idea di creare un gioco su licenza di Braccio di Ferro, ma l'accordo per avere i diritti fallisce, costringendo lui ed il team che gli era stato assegnato a creare dei personaggi da zero. Sostituiti Bluto, Olivia e Braccio di Ferro con un gorilla, una ragazza abbastanza generica ed un uomo baffuto, la parte più difficile è la progettazione stessa: non volendo creare uno shooter o un maze game, generi abusatissimi per il successo di giochi come Space Invaders e Pac-Man, raccoglie idee e suggerimenti dei suoi colleghi, incontrando spesso ostacoli nella programmazione che lo costringono a tornare alla progettazione di base, fino al colpo di genio: livelli sviluppati verticalmente, in cui il giocatore avrebbe dovuto evitare gli ostacoli ed i barili che gli sarebbero stati lanciati contro. La complessità per l'epoca è tale da causare molte lamentele tra colleghi e sottoposti di Miyamoto, protestando di sentirsi come alla sviluppo di 4 giochi contemporaneamente. Non rimangono che i nomi.
Essendo il gioco destinato principalmente ad un pubblico americano, era obbligatorio trovare un nome inglese per il gioco, e curiosamente, la decisione ricade sul dare al gioco il nome dell'antagonista. (Sull'origine del nome Donkey Kong non sembra esserci una versione sicura al 100%, ma da alcune interviste con Miyamoto, sembra che l'intento fosse quello di dare al giocatore l'impressione di una grossa, stupida scimmia, e cercando su un dizionario inglese sinonimi di ostinato Miyamoto si sia imbattuto nel termine Donkey, asino.
Per il protagonista invece, i nomi pensati sono molti: originariamente Miyamoto intendeva chiamarlo Mr. Video e farlo apparire in ogni gioco sviluppato da lui, successivamente rinominato Jumpman. Il nome Mario era invece un omaggio all'allora affittuario degli uffici della neonata Nintendo of America, Mario Segale, che nonostante diversi mesi arretrati di affitto non li sfrattò)
Vedendo ottimo potenziale in questo nuovo prodotto, Yamauchi da il via libera e il gioco viene mandato alla nuova sede americana, per l'installazione nei cabinati invenduti. L'accoglienza dello staff, che si stava preparando al rilancio nelle sale giochi, è gelida. L'idea generale, tra impiegati, direttori ed addetti marketing è che sarebbe stato un fallimento assicurato, generando addirittura perplessità sul perché il gioco non fosse un classico maze game o shooter, l'unico supporter del gioco è il presidente della sede Minoru Arakawa, che riesce a convincere lo staff che il gioco sarebbe stato un successo, e mai previsione fu più corretta.
Rilasciato inizialmente nel 1981 in soli 2 cabinati a Seattle, il gioco ha un successo inaspettato: entrambi i cabinati riscuotono in una sola settimana più di 200 dollari a testa, portando alla richiesta di più cabinati, lasciando Nintendo of America inizialmente spiazzata, che non si aspetta un tale successo così in fretta, non avendo nemmeno iniziato a smontare i Radar Scope invenduti. La strada per il successo è finalmente aperta.


Capitolo 6: Una semplice idea


Ball, primo gioco della serie Game & Watch 

L'attenzione di Nintendo tuttavia, non è solamente concentrata sul solo mercato arcade. Dalla mente di Gunpei Yokoi infatti, stava per nascere un'altra idea.
Nel 1977, di ritorno da un viaggio di lavoro sulla Shinkansen, la rete di treni ad alta velocità giapponese, Yokoi vede un uomo d'affari annoiato premere tasti a caso sulla sua calcolatrice LCD per passare il tempo. È in quel preciso momento che realizza la necessità di videogiochi portatili, e torna alla Nintendo con l'idea di un orologio LCD da polso che possa servire come un semplice gioco con cui passare il tempo. Nei seguenti 3 anni di sviluppo, intervallati da progetti per i cabinati, l'idea appena abbozzata durante il viaggio in treno prende lentamente forma. Scartata l'idea di un orologio da polso, ritenuto troppo scomodo, il design si sposta verso l'imitazione nella forma di una console casalinga, non abbandonando tuttavia la funzione di orologio, da cui la serie prende il nome, Game & Watch. L'idea di Yokoi è semplice ed economica: usare schermi LCD custom simili a quelli delle calcolatrici, per mostrare una serie di immagini predefinite che si sarebbero dovute alternare per creare il movimento, e nei modelli successivi, gli stessi schermi avrebbero avuto semplici sfondi pre-stampati a colori. Utilizzare questo genere di tecnologia avrebbe permesso non solo di fabbricare i Game & Watch con materiali poco costosi, ma anche una elevata longevità della batteria ed evitava la necessità di utilizzare processori più potenti e costosi. Al debutto dei Game & Watch, nel 1980, il mercato dei videogiochi portatili è in uno stato ancora primitivo e basilare, gli esempi più famosi e di successo erano i giochi LED di Mattel Electronics di qualche anno prima, la cui libreria era interamente composta da giochi di corse o sport, ed i Game & Watch vengono accolti come una novità dal pubblico mondiale, arrivando a vendere nel corso degli 11 anni di supporto della serie 48 milioni di unità, in 60 modelli diversi, tra cui si ricorda la versione di Donkey Kong del 1982, primo prodotto di Nintendo a presentare la classica croce direzionale, che varrà a Yokoi diversi premi, tra cui un Technology & Engineering Emmy Award; ed il cui design a doppio schermo ispirerà anni dopo il Nintendo DS.
A questo punto, il successo di Nintendo sembra non conoscere più limiti: i Game & Watch ed i cabinati arcade prodotti dall'azienda sembrano avere un successo senza fine, ricevendo anche versioni per le console casalinghe di Atari e Mattel, che alla fine degli anni '70 avevano aperto un nuovo capitolo per la storia dei videogiochi casalinghi. È così che in gran segreto, nel 1980, Nintendo inizia un nuovo progetto.


Capitolo 7: Un nuovo mondo


Prototipo di sviluppo del Famicom, con collegato come controller un Game & Watch smontato


Da diversi anni negli Stati Uniti in quasi tutti i salotti troneggiava un nuovo apparecchio, che aveva aperto la strada ad una nuova generazione di videogiochi: l'Atari 2600.
Il sistema aveva reso popolare il concetto di console di videogiochi a cartucce intercambiabili, rendendo obsolete le primitive console di Pong, e grazie ad esso, molti altri sistemi, come il Colecovision ed l'Intellivision l'avevano seguito a ruota, presentando ai giocatori un nuovo mondo di possibilità, permettendo spesso di poter giocare a casa propria versioni per console dei cabinati arcade.
Come molti altri giganti del settore, Nintendo guarda con interesse a questa nuova evoluzione del mercato. Ormai l'azienda ha tutte le carte in regola per poter fare un tentativo: grazie ai successi come Donkey Kong e Mario Bros. avevano sviluppato una fama tra i giocatori, e Mario stesso era rapidamente diventato una delle prime icone del mondo videoludico, e simbolo stesso dell'azienda. Così, nel 1980, il team ricerca e sviluppo di Nintendo, guidato da Masayuki Uemura, inizia i lavori su una console che idealmente avrebbe dovuto costare la metà della concorrenza, ma offrire prestazioni per l'epoca insormontabili, per almeno un anno.
Molte sono le idee proposte per il sistema, che assume il nome di Family Computer, abbreviato in Famicom: stando a Shigeru Miyamoto, nelle fasi iniziali di sviluppo era stata proposta la creazione di una rete di gioco online multiplayer, scartata poco dopo a causa dell'infrastruttura di telecomunicazione dell'epoca incapace di supportarla, idea rilavorata qualche anno dopo in un modem per la console, il cui target era un pubblico adulto dato che permetteva di visualizzare il mercato azionistico, scommettere su corse di cavalli e visualizzare notizie, e stando a Masayuki Uemura stesso, pur essendo pieno di problemi l'esperienza con il Famicom Modem aiutò nella creazione del Satellaview per il Super Famicom.
Diviene presto chiaro che per facilitare la conversione dei giochi da sala sarebbe servito un hardware simile a quello dei loro cabinati, durante le trattative con i fornitori infatti Nintendo porta il cabinato di Donkey Kong come esempio di quel che il Famicom sarebbe dovuto essere capace di fare, piuttosto che console concorrenti.
Il design del Famicom presenta varie influenze a curiosità: il colore rosso di controller e dettagli fu una richiesta del presidente Yamauchi, poiché era il colore della sua sciarpa preferita, e la levetta per espellere le cartucce fu un idea di Yokoi, in quanto pensava che ai bambini sarebbe piaciuta. Particolarità rispetto alla versione occidentale è che i controller sono integrati nella console ed escono dal retro, senza possibilità di cambiarli, sebbene l'analisi della scheda madre della console riveli come originariamente il progetto prevedesse far uscire i controller dalla parte frontale, dove i cavi sono collegati alla scheda madre, e per periferiche come la lightgun venne integrata una porta seriale a 15 pin.
Tra i piani originali c'era anche l'idea di usare controller simili alla plancia di un cabinato, ma dopo pochi mesi giunse la decisione di usare un nuovo tipo di controller, basato sul design dei Game & Watch, con la stessa croce direzionale della nuova versione portatile di Donkey Kong. Ulteriore fattore che determinò il design di console e cartucce fu la preoccupazione riguardante la possibilità di usura delle stesse, dovuto alle pessime esperienze con connettori ossidati e rovinati con i loro cabinati, che portò Nintendo a creare una loro tecnologia per le cartucce, scelta che li portò tuttavia ad un periodo di test in cui gli impiegati dovettero inserire ed estrarre i prototipi delle cartucce oltre 5000 volte di fila. Dopo un breve test di mercato, il Famicom vede la luce del giorno il 15 luglio 1983, riscuotendo un successo enorme, arrivando alla stagione natalizia del 1984 con oltre 2,5 milioni di unità vendute, superando ogni suo concorrente sul mercato giapponese. Ormai potevano farcela: era giunta l'ora per Nintendo di volgere lo sguardo verso l'occidente. Tuttavia, non sarebbe stato così facile.

Capitolo 8: Il vento di un nuovo inizio


Prototipo del Nintendo AVS presentato al Consumer Electronics Show del 1983, oggi conservato al Nintendo World Store di New York


Durante lo sviluppo del Famicom infatti, negli Stati Uniti il mercato delle console aveva appena toccato il fondo del barile. Nell'estate del 1983 il mercato dei videogiochi aveva subito un brusco fermo, che negli anni successivi sarebbe stato ricordato come la crisi del mercato videoludico del 1983, dovuto in parte alla saturazione del mercato di troppi concorrenti troppo simili fra loro ed una assoluta mancanza di controlli di qualità su cosa veniva pubblicato sulle console stesse.
Il problema è grave: con un mercato che ormai non riponeva più alcuna fiducia nelle console casalinghe e che stava iniziando a spostarsi verso gli home computer, pubblicizzati come ben più che semplici console, vendere il Famicom sarebbe stato impossibile.
Un cambio di strategia era necessario: inizia un periodo di redesign e sperimentazione, volto a cambiare l'aspetto del Famicom per incontrare le esigenze del mercato.
Nasce così il primo tentativo di Nintendo, il "Nintendo Advanced Video System Home Computer", abbreviato in Nintendo AVS, che presenta un redesign ispirato ai computer dell'epoca (tanto da includere una tastiera integrata, un interprete BASIC e un registratore per cassette magnetiche) e che sarebbe dovuto essere distribuito sul suolo USA da Atari, ma la pessima reazione della stampa porta Atari a rifiutare l'accordo e Nintendo a ritirare il prototipo e proseguire da sola. Dopo un anno di lavori ininterrotti per cercare nuovi design ed una nuova strategia di mercato a stretto contatto con Nintendo of America, il secondo redesign del Famicom viene presentato al CES del 1984, stavolta con un nome diverso: Nintendo Entertainment System, abbreviato NES. Il NES abbandona molte delle feature dell'AVS, come la tastiera e l'interprete BASIC, ma viene accuratamente evitato l'approccio da videogioco, presentando la macchina con termini come "Game Pak" per cartuccia e "Control Deck" invece di console, e vendendola come fosse un giocattolo, riprendendo parzialmente la strategia di mercato del Famicom, aiutato in questo da accessori come R.O.B., pur tenendo molti aspetti del design dell'AVS, come il colore grigio e l'aspetto squadrato, aggiungendone altri, come lo spostamento dello slot cartucce dalla parte superiore a quella frontale, nella speranza di farlo somigliare ad un elettrodomestico presente in quasi ogni casa, il videoregistratore.
Con una buona reazione della stampa, Nintendo si prepara per test di mercato nell'ottobre 1985, rilasciando il sistema nella sola New York in appena 100,000 unità, con un bundle contenente console, due controller, R.O.B., lo Zapper (la lightgun del NES) ed i giochi Gyromite e Duck Hunt, assieme ad altri 18 giochi. Il test si rivela un successo, arrivando a finire lo stock durante la stagione natalizia del 1985, e preparandosi al lancio in tutti gli Stati Uniti nel 1986, aprendo un nuovo capitolo della storia dei videogiochi, grazie a titoli rivoluzionari come Super Mario Bros., portando Nintendo in una posizione di dominio del mercato. Il mondo dei videogiochi era salvo.

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