martedì 22 marzo 2016

La storia di Nintendo, episodio III: 1985 - 1991



A grande richiesta (?) torna la rubrica sulla storia di Nintendo, successi, fallimenti e quant'altro


Capitolo 9: I re della collina


L'Action Set, uno dei vari bundle con cui veniva venduto il NES

Nintendo ce l'aveva fatta: il NES era riuscito a oltrepassare la cortina di ferro della crisi dei videogiochi, e stava rapidamente superando in popolarità l'Atari 2600.
Ma Nintendo non avrebbe commesso gli stessi errori del colosso americano.
Tra i motivi principali del crollo di Atari e del mercato dei videogiochi di qualche anno prima infatti, c'era un colpevole in particolare: la negligenza. Né Atari, né Mattel né Coleco avevano mai effettuato controlli di qualità su cosa veniva rilasciato sulle loro console, e anzi, le licenze di sviluppo venivano date a chiunque, senza contare una totale assenza di controllo interno per evitare l'uso di cartucce "pirata". Con il redesign occidentale del Famicom, Nintendo pensò ad ognuno di questi problemi: come prima cosa, stabilì rigidi controlli su ogni gioco e add-on per la console, con il Nintendo Seal of Quality, che sopratutto nei primi anni significava che il gioco era stato accuratamente revisionato e approvato da Nintendo, in particolar modo per assicurarsi di uno standard di qualità minimo e family friendly, per evitare cose come Custer's Revenge; inoltre c'erano specifiche linee guida per chiunque volesse avere una licenza di pubblicazione per NES, tenute fino al 1993: ad ogni produttore sarebbe stato limitato il rilascio di giochi a 5 per anno (in teoria per assicurarsi che non arrivassero sulla console giochi raffazzonati e a malapena funzionanti, come il famoso E.T. per Atari 2600 e per evitare una saturazione del mercato), i produttori avrebbero dovuto comprare le cartucce per i giochi da Nintendo e sarebbe stata quest'ultima a decidere quanto ogni sviluppatore avrebbe potuto comprare da loro, Nintendo avrebbe stabilito quanto spazio per articoli e pubblicità ognuno avrebbe avuto sulla loro rivista ufficiale Nintendo Power, e agli sviluppatori era imposto un contratto di esclusività per 2 anni con Nintendo per i giochi rilasciati. Tutto ciò venne esercitato tramite un sistema di sicurezza inserito nella console, il chip 10-NES, una delle prime forme di sistema anti-pirateria per console, che consisteva in una coppia di chip, uno all'interno della console e un suo gemello nella cartuccia, che in caso di errata o assente comunicazione tra di loro avrebbe provocato reset continui della console, rendendo impossibile giocare, e che impedì l'uscita di giochi non ufficiali per parecchio tempo, fino alla guerra legale tra Tengen e Nintendo.
Queste regole vennero considerate rigide persino per l'epoca, e almeno per il limite di 5 giochi l'anno parecchie software house trovarono modi alternativi per pubblicare giochi, come Konami, che creò società di comodo per pubblicare oltre il limite imposto da Nintendo, molti giochi Konami di allora vennero infatti pubblicati sotto gli pseudonimi di Ultra Games e Palcom.
Nonostante le aspre critiche, Nintendo è inarrestabile, e a poco servono gli sforzi di Sega, il principale concorrente, che salvo in Europa (dove il NES ha avuto molteplici problemi di lancio e marketing a causa dell'assenza iniziale di Nintendo nel mercato e alla licenza di distribuzione affidata a Mattel, che sarà defenestrata da Nintendo a causa del pessimo lavoro svolto qualche anno più tardi) rimane pesantemente indietro, con un Master System che riceve poco supporto da terze parti, costringendo Sega a mettere al lavoro la propria sezione Ricerca e Sviluppo. Nel frattempo però, Nintendo si stava preparando a stravolgere ancora una volta il mercato...

Capitolo 10: Un gioco da ragazzi


Confezione originale del Game Boy

Da un po' di tempo infatti Nintendo stava lavorando infatti ad un nuovo progetto, una vera e propria console portatile a cartucce intercambiabili.
I Game & Watch avevano avuto un successo globale senza precedenti, superando i giochi LED di Mattel Electronics e causando un'ondata di cloni di scarsa qualità, quasi tutti prodotti dalla Tiger.
Era giunto quindi il momento di andare avanti, e fare un tentativo con una vera e propria console portatile. Nintendo stavolta aveva un esempio per cosa evitare con il nuovo progetto, il Microsovision della Milton Bradley, che precedeva addirittura i Game & Watch, essendo uscito nel 1979. La console aveva caratteristiche avveniristiche per l'epoca, con uno schermo LCD a pixel e cartucce intercambiabili, ma era soggetta a malfunzionamenti e lo schermo 16 x 16 era a malapena funzionante a causa dei pochissimi pixel su schermo.
Gunpei Yokoi era rimasto affezionato all'idea dei giochi portatili, e aveva portato quell'idea nel cuore anche dopo il successo dei suoi Game & Watch, e così porta nel 1986 la sua idea ai dirigenti Nintendo, consapevole di dover rispettare determinati limiti: l'ultima volta che un'azienda giapponese aveva cercato di commercializzare una console portatile era il 1984, e l'Epoch Game Pocket Computer sebbene avesse centrato la fascia di prezzo fallì miseramente, con una libreria di soli 5 giochi. Yokoi quindi si allea con il collega Satoru Okada, guidando lo studio R&D 1 di Nintendo nel progetto, con l'idea di creare un sistema il cui prezzo rientrasse sotto i 13000 yen (circa 100 euro odierni), o non sarebbero mai riusciti a renderlo abbastanza popolare. Nonostante le proteste di Okada, l'hardware del Game Boy (o DMG quando era ancora in sviluppo, sigla per Dot Matrix Game a causa della tecnologia impiegata nello schermo) risultò molto meno potente di quanto lui volesse, in quanto Yokoi mantenne la filosofia di base dei Game & Watch: pur essendo disponibile hardware molto più avanzato, Yokoi scelse di creare il Game Boy con una alta efficienza di costo e una durata della batteria quanto più lunga possibile, seguendo la sua filosofia da lui chiamata Kareta Gijutsu no Suihei Shikō, "pensiero laterale con tecnologia obsoleta", che consisteva nel trovare nuovi utilizzi per tecnologia vecchia e di cui si ha maggiore comprensione rispetto a quella nuova. Come da tradizione inoltre, la decisione è di puntare tutto sui giochi, per superare il divario tecnologico con gli avversari, portando alla creazione di Super Mario Land, una versione migliorata e portatile dell'originale Super Mario Bros., e con l'aggiunta su suggerimento di Nintendo of America di un puzzle game nato in Unione Sovietica che stava guadagnando popolarità sul mercato home computer: Tetris.
Rilasciato nel 1989 in Giappone in solo 300.000 unità, lo stock venne esaurito in appena 2 settimane, e nel lancio in Nord America i dati di vendita furono di 40.000 Game Boy venduti in un solo giorno.
Il prezzo del sistema (circa 90 dollari) e la durata della batteria (10 ore per 4 pile AA), assieme alla libreria di giochi determinarono il successo della console sugli avversari principali dell'epoca, l'Atari Lynx ed il Sega Game Gear, entrambi molto più massicci e meno portatili del Game Boy e venduti al doppio del prezzo, con una durata della batteria che a volte non raggiungeva nemmeno la metà di quella della console Nintendo, e qualche anno più tardi il franchise Pokémon porterà la console a nuove vette di popolarità, che mantiene al giorno d'oggi come regina incontrastata dei giochi portatili, stabilendo addirittura diversi primati, tra cui la prima console ad essere giocata nello spazio (dall'astronauta sovietico Aleksandr Serebrov), la console che ha avuto la versione più costosa al mondo (quando la gioielleria Asprey di Londra creò una versione placcata d'oro e con diamanti incastonati del Game Boy dal valore di oltre 30,000 sterline), la fotocamera digitale più piccola al mondo grazie alla Game Boy Camera, una delle prime console a superare il bando sull'import dal Giappone in Corea del Sud grazie ad una partnership con Hyundai ed un esemplare è persino sopravvissuto ad un bombardamento durante la Guerra del Golfo (il Game Boy ancora funzionante sebbene quasi carbonizzato è in esposizione al Nintendo World Store di New York)
Se il Game Boy andava a gonfie vele, abbattendo ogni ostacolo e schiacciando la concorrenza, Nintendo stava affrontando la sua prima grande battaglia nel mondo delle console casalinghe.

Capitolo 11: Genesis does what Nintendon't


Una delle provocatorie pubblicità della Sega per la loro nuova console, il Sega Mega Drive/Genesis

Se per Nintendo sembrava andare tutto a gonfie vele, i suoi avversari non se la passavano troppo bene. Il NES dominava il mercato senza nessuna reale concorrenza, i rimasugli di Atari con il 7800 e Sega con il Master System i più vicini ad essere definibili avversari della macchina Nintendo, con la sola eccezione del mercato europeo, dove Nintendo faticava a causa di una iniziale assenza di una propria sede nel vecchio continente ed il doversi affidare ad una disastrosa distribuzione di Mattel.
Nel 1987, ad aggiungere una ulteriore minaccia alla già scarna fetta di mercato di Sega si presentò in madrepatria il NEC PC Engine, araldo dell'era 16-bit, con prestazioni capaci di superare virtualmente tutte le console su mercato. Quest'ultima secchiata d'acqua gelida portò Sega a realizzare che era giunta l'ora di cambiare, ed in fretta: se il Master System non poteva sperare di competere col NES sul suo stesso terreno, era ora di mettersi al lavoro su una nuova console ed una nuova strategia di mercato. Inizialmente in lavorazione col nome Sega Mark V, venne adottato in seguito il nome Mega Drive (ed in Nord America Genesis per ragioni sconosciute, probabilmente qualche accanito fan di Phil Collins), con l'intenzione di lasciarsi alle spalle un passato decadente. Questo fu evidente anche nelle nuove strategie di mercato dell'azienda: in particolar modo nel periodo precedente al lancio statunitense, Sega condusse approfondite ricerche sociologiche e di mercato analizzando il pubblico adolescente, nuovo target dell'azienda, seguendo una strategia diametralmente opposta a Nintendo, che per superare la cortina di ferro della crisi del mercato videoludico del 1983 aveva commercializzato il NES quasi come un giocattolo, e aveva mantenuto la strategia di successo di crescersi un pubblico di aficionados fin dalla tenera età con giochi più family friendly e stabilire una fetta di mercato fin da subito. I soldi spesi in marketing tornarono immediatamente nelle casse della speranzosa Sega: la tattica di mirare al pubblico adolescenziale si rivelò di grande successo (in parte grazie ad una serie di porting dei loro giochi arcade più famosi come Altered Beast e Golden Axe), portando la console ad una fetta di mercato del 55% al picco di popolarità rispetto al magro 8% del Master System, combinato ad alcuni ritardi di Nintendo nel lancio della loro successiva console.


Capitolo 12: Una guerra all'ultimo bit



Nemmeno Nintendo era rimasta indifferente al lancio del NEC PC Engine tuttavia (che pur rimanendo console di nicchia e venduta fuori dal Giappone solo negli USA e nel Regno Unito sotto il nome Turbografx-16), ed intorno al 1988 iniziarono i piani di sviluppo per una nuova console, che accelerarono considerevolmente in seguito al successo del Mega Drive/Genesis che stava mano a mano sottraendo pubblico al NES. Richiamando dalla pensione Masayuki Uemura, designer del Famicom, Nintendo si mise al lavoro sulla console, chiamata durante lo sviluppo "NES 2", studiando un hardware capace di far mangiare la polvere ai concorrenti (portando a bizzarre collaborazioni con Sony, che si svilupparono negli anni successivi con conseguenze all'epoca imprevedibili), e per il novembre 1990 la console era già nei negozio giapponesi, con dati di vendita inaspettatamente alti nonostante i soli due titoli di lancio, Super Mario World e F-Zero, che tuttavia erano studiati per mostrare le capacità tecniche della console come la Mode 7, capace di simulare ambienti 3D tramite ray-casting. Con inaspettate richieste di sviluppatori third-party di salire sul carrozzone del Super Famicom (o SNES nel resto del mondo) come Square e Capcom, Nintendo era pronta alla sua prima grande guerra del mondo dei videogiochi, aprendo le ostilità con il lancio nordamericano dello SNES il 23 agosto 1991. Con un competitivo prezzo di 200$ ed una line-up al lancio molto più variegata rispetto a quella giapponese (o persino di quella Sega, che all'epoca puntava quasi tutto sui porting dei loro arcade) comprendente anche titoli divenuti famosi nel mondo PC come SimCity, per Sega arriva il brusco risveglio dai loro sogni di gloria, che non si aspettavano una risposta così rapida da Nintendo, che ancora puntava molto sul NES. Nasce così una guerra per la supremazia del mercato, con la nascita di slogan come "Genesis does what Nintendon't", e alla corsa di Sega ai ripari per creare una mascotte per la console per poter competere con Mario, da anni simbolo di Nintendo.
Nasce così Sonic The Hedgehog, protagonista dell'omonimo titolo e indirettamente figlio della campagna di marketing adottata negli Stati Uniti, con un personaggio veloce e al passo coi tempi in modo tale da mostrare anche le capacità tecniche della console.
Piccola nota a parte da menzionare è la campagna pubblicitaria svolta in Italia da Sega, un po' simbolo impresso nella mente di chi ha vissuto gli anni '90, che grazie ad una partnership con Giochi Preziosi e Fininvest riuscì ad avere spot con volti famosi come Jerry Calà (con il famoso "ocio però, sono Giochi Preziosi!"), Walter Zenga, Roberto Mancini e Gianluigi Lentini, o promozioni come quella della Sonic Badge in Bim Bum Bam, dove si poteva vincere un Mega Drive.



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